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martedì 25 novembre 2008

UNA TAZZA DI MARE IN TEMPESTA (come me certe mattine)


Matteo Codignola
Un tentativo di balena
Piccola Biblioteca Adelphi



- Il presentatore più adatto per questo libro sarebbe l'impresario di un freak show, cioè uno di quei personaggi in cilindro e marsina che promettevano, a chi fosse entrato sotto la loro tenda, l'incontro con donne barbute, gemelli siamesi o vergini ottentotte. L'impresario in effetti esiste, si chiama Roberto Abbiati, è attore e regista di se stesso, ma soprattutto costruisce bizzarre scenografie. Chi entra nella sua scatola, e possono farlo solo quindici spettatori alla volta, si troverà al cospetto di una specie di prodigio: la creatura più smisurata dell'immaginazione occidentale – Moby Dick – trasformata in modellino e protagonista di uno spettacolo in quindici minuti, che ne narra per intero la storia. Chi entra nel racconto di Codignola, invece, si aggirerà in un testo singolare, per un terzo divagazione su un virus che si propaga all'istante – l'attrazione per la miniatura, visiva o narrativa che sia –, per un terzo programma di una sala molto simile alla stiva del Pequod, e per lo spazio rimanente esplorazione di un mondo minuscolo, dove niente, né questo stesso piccolo libro, né la scatola che contiene, né il libro enorme che la scatola racchiude, sembra esistere a grandezza naturale: ma dove per la grandezza naturale, sorprendentemente, si finisce per non provare alcuna nostalgia.

- Nella fantascienza arcaica succedeva spesso che uno scienziato mosso dalle peggiori intenzioni escogitasse un raggio, o qualche altra diavoleria, in grado di ridurre uomini e cose a fattezze minuscole. Forse alcune di quelle formule sono finite in mano a Roberto Abbiati, e forse Abbiati - scenografo, e regista di se stesso - ha deciso di sperimentarle su uno degli esseri più smisurati che abbiano mai posseduto l'immaginazione occidentale: Moby Dick. Di fatto, ha costruito una bizzarra macchina teatrale - una scatola di quattro metri per due, che contiene quindici spettatori - usando la quale il suo Ismaele racconta di Ahab, della Balena, e di quasi tutto il resto. Ma lo fa in quindici minuti. A colpire, qui, non è solo il tentativo di raccontare una vicenda enorme nel minore spazio e nel più breve tempo possibili - anche perché questa sembra essere una fantasia ricorrente, che ha sedotto autori come Stephen King e John Huston, Orson Welles e Joseph Cornell. A stupire è piuttosto il sortilegio di cui, percorrendo questo curioso libro, finiamo per cadere vittime. Dopo essere entrati nello spettacolo descritto dal racconto di Codignola e dai disegni di Abbiati, infatti, ci ritroviamo a esplorare un mondo in miniatura, ma completo in ogni sua parte: e scopriamo con una certa meraviglia di desiderare tutto, tranne l'antidoto capace di riportarci alle dimensioni usuali.

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